L’interpretazione dei risultati delle analisi biologiche è una fase chiave nella valutazione degli squilibri ormonali. Permette di confermare o confutare le ipotesi formulate durante il colloquio iniziale e l’analisi dei sintomi, e di oggettivare le disfunzioni endocrine sottostanti. Tuttavia, questa interpretazione richiede una buona conoscenza della fisiologia ormonale, dei valori di riferimento e delle trappole pre-analitiche e analitiche.
Il bilancio ormonale di base comprende generalmente il dosaggio degli ormoni sessuali (estradiolo, progesterone, testosterone), degli ormoni tiroidei (TSH, T4 libero, T3 libero), degli ormoni surrenali (cortisolo, DHEA-S) e degli ormoni ipofisari (FSH, LH, prolattina). A seconda del contesto clinico, possono essere dosati altri ormoni, come l’ormone antimulleriano (AMH) per valutare la riserva ovarica, l’ormone della crescita (GH) e l’IGF-1 in caso di sospetta acromegalia, o la paratormone (PTH) e la vitamina D in caso di disturbi fosfocalcici.
L’interpretazione dei risultati deve sempre essere fatta in funzione dei valori di riferimento del laboratorio, che possono variare a seconda delle tecniche di dosaggio utilizzate. È importante verificare che i prelievi siano stati effettuati nelle giuste condizioni (ora, giorno del ciclo, stato a digiuno), in quanto alcuni ormoni come il cortisolo, la TSH o la prolattina presentano una secrezione circadiana o pulsatile che può falsare i risultati in caso di non rispetto delle istruzioni.
Nella donna in età riproduttiva, l’interpretazione degli ormoni sessuali deve tenere conto della fase del ciclo mestruale. Ad esempio, un dosaggio di estradiolo e progesterone effettuato all’inizio del ciclo (fase follicolare) sarà fisiologicamente basso, mentre sarà elevato nella seconda parte del ciclo (fase luteinica) in caso di ovulazione. Un rapporto progesterone/estradiolo inferiore a 100 nella seconda parte del ciclo favorisce una insufficienza luteinica, mentre un estradiolo elevato associato a una progesterone bassa può indicare un cistoide ovarico funzionale o un iperestrogenismo relativo.
Negli uomini, un dosaggio ridotto di testosterone totale e biodisponibile, associato a gonadotropine (FSH e LH) elevate, suggerisce un ipogonadismo primario (testicolare), mentre un deficit di testosterone con gonadotropine basse o normali orienta verso un ipogonadismo secondario (ipotalamo-ipofisario). Un rapporto testosterone/estradiolo ridotto può essere il segno di un’eccessiva aromatizzazione degli androgeni in estrogeni, spesso in relazione a un eccesso di peso o a una insulinoresistenza.
L’interpretazione degli ormoni tiroidei si basa sulla TSH, riflesso del comando ipofisario, e sugli ormoni periferici T4 libero e T3 libero. Un TSH elevato con un T4 libero basso indica un ipotiroidismo primario (periferico), mentre un TSH basso o crollato con un T4 libero elevate suggerisce un ipertiroidismo primario. Un TSH normal con un T4 libero basso può essere il segno di un ipotiroidismo centrale (ipofisario) o di una sindrome da basso T3 (negli stati infiammatori cronici), mentre un TSH normal con un T4 libero elevato può orientare verso una resistenza ipofisaria agli ormoni tiroidei. In tutti i casi, il dosaggio degli anticorpi anti-tiroidei (anti-TPO, anti-recettori della TSH) permette di precisare l’eziologia autoimmune.
Per quanto riguarda gli ormoni surrenali, il dosaggio del cortisolo plasmatico alle 8 e del cortisolo libero urinario delle 24 ore permette di valutare l’attività dell’asse corticotropo. Un cortisolo ridotto, associate a un ACTH elevata, suggerisce una insufficienza surrenalica primaria, mentre un cortisolo basso con un ACTH bassa orienta verso un insufficienza secondaria (ipofisaria o ipotalamica). Al contrario, un ipercorticismo si manifesta con un cortisolo elevato con un ACTH bassa in caso di causa primaria (adenoma surrenalico, corticosurrenaloma) o un ACTH elevata in caso di malattia di Cushing (adenoma ipofisario). Il dosaggio della DHEA-S, riflesso della funzione androgenica surrenalica, è spesso ridotto nelle insufficienze surrenali e elevato nelle iperandrogenie di origine surrenalica (blocco enzimatico, tumore).
Oltre ai dosaggi ormonali, altri parametri biologici sono essenziali da interpretare nel contesto degli squilibri endocrini. La glicemia a digiuno, l’insulinemia e l’emoglobina glicata (HbA1c) permettono di rilevare un’insulinoresistenza o un diabete, spesso associati a disturbi ormonali. Il bilancio lipidico (colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi) viene perturbato in caso di disfunzione endocrina, in particolare con una diminuzione del colesterolo HDL e un aumento dei trigliceridi nelle insulinoresistenze. Il bilancio epatico (transaminasi, gamma-GT, fosfatasi alcaline) può essere il riflesso di una steatosi epatica, comune nei disturbi metabolici e ormonali. Infine, l’emogramma e il dosaggio della CRP permettono di rilevare un’infiammazione cronica, spesso coinvolta nei disordini endocrini.
In caso di dubbio sull’interpretazione dei risultati o di discordanza con la clinica, non esitare a chiedere un parere specializzato a un endocrinologo o a un ginecologo. Alcuni dosaggi possono richiedere di essere controllati o completati da test dinamici, come il test al sinactene nelle insufficienze surrenali, il carico di glucosio nelle insulinoresistenze, o il test alla TRH nelle distirodopatie centrali. Allo stesso modo, in caso di anomalia confermata, possono essere indicati esami di imaging mirati, come un’ecografia pelvica in caso di disturbo degli ormoni sessuali, una RM ipofisaria in caso di anomalia degli ormoni antipofisari, o un TC surrenalico in caso di anomalia del bilancio corticotropo.
In conclusione, l’interpretazione dei risultati biologici è una fase fondamentale ma complessa nella valutazione degli squilibri ormonali. Deve tenere conto del contesto clinico, dei valori di riferimento e delle condizioni di prelievo, e deve integrarsi in un approccio globale di esplorazione endocrina. Un’interpretazione rigorosa ed esaustiva dei risultati permette di fare una diagnosi precisa, identificare le cause sottostanti e proporre un trattamento personalizzato e mirato per ristabilire un equilibrio ormonale ottimale.
Punti da ricordare :
– L’interpretazione dei risultati delle analisi biologiche è cruciale per confermare o confutare le ipotesi di squilibri ormonali e oggettivare le disfunzioni endocrine sottostanti.
– Il bilancio ormonale di base comprende il dosaggio degli ormoni sessuali, tiroidei, surrenali e ipofisari. Altri ormoni possono essere dosati a seconda del contesto clinico.
– L’interpretazione deve essere fatta in funzione dei valori di riferimento del laboratorio e delle condizioni di prelievo (ora, giorno del ciclo, stato a digiuno).
– Nella donna, l’interpretazione degli ormoni sessuali deve tenere conto della fase del ciclo mestruale. Negli uomini, un dosaggio ridotto di testosterone con gonadotropine elevate indica un ipogonadismo primario, mentre un deficit di testosterone con gonadotropine basse o normali orienta verso un ipogonadismo secondario.
– Per gli ormoni tiroidei, un TSH elevato con un T4 libero basso segnala un ipotiroidismo primario, mentre un TSH basso con un T4 libero elevato indica un ipertiroidismo primario.
– Per gli ormoni surrenali, un cortisolo ridotto con un ACTH elevata suggerisce una insufficienza surrenalica primaria, mentre un cortisolo basso con un ACTH bassa orienta verso un insufficienza secondaria.
– Altri parametri biologici sono essenziali da interpretare, come la glicemia, l’insulinemia, il bilancio lipidico, il bilancio epatico e l’emogramma.
– In caso di dubbio o di discordanza con la clinica, è importante chiedere un parere specializzato e svolgere esami complementari mirati.
– Un’interpretazione rigorosa ed esaustiva dei risultati permette di fare una diagnosi precisa, identificare le cause sottostanti e proporre un trattamento personalizzato per ristabilire l’equilibrio ormonale.
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