La gestione del tempo e delle pause è una competenza essenziale per ogni praticante di Breathwork. È ciò che permette di creare un ambiente sicuro e favorevole per l’esplorazione interiore, rispettando al contempo le esigenze e i limiti di ogni cliente. Il praticante deve sapere come strutturare la sua sessione in modo fluido e organico, adattandosi in tempo reale al processo unico che si sta svolgendo.
Prima di tutto, è importante definire una durata totale per la sessione e attenersi ad essa. La maggior parte delle sessioni di Breathwork durano tra 1 ora e 1 ora e mezza, il che permette di avere abbastanza tempo per attraversare le diverse fasi del processo senza esaurire il cliente. È essenziale rispettare il piano temporale concordato, in quanto ciò rafforza il senso di sicurezza e di fiducia.
Il praticante può strutturare la sua sessione in tre grandi fasi: l’attivazione, il plateau e l’integrazione. Durante la fase di attivazione (20-30 minuti), guida il cliente verso un respiro sempre più largo e veloce, fino a raggiungere uno stato di iperventilazione controllata. È una fase intensa che richiede una vigilanza rafforzata e un importante sostegno verbale e non verbale (cfr. modulo 6.5).
Viene poi la fase del plateau (30-40 minuti), in cui il cliente mantiene un ritmo respiratorio sostenuto e regolare. È spesso qui che emergono i processi emotivi e gli insight più profondi. Il praticante deve essere in grado di regolare il ritmo in base a ciò che osserva, rallentando o accelerando leggermente il ritmo per ottimizzare gli effetti.
Una metafora significativa:
Si può vedere il processo di Breathwork come un’onda che sale, raggiunge un picco, poi scende lentamente. Il praticante è il surfista che accompagna quest’onda, adattandosi alla sua forza e alla sua direzione. Il suo ruolo è quello di mantenere il cliente nella “zona ottimale” in cui la respirazione è abbastanza intensa da provocare effetti, ma non troppo da sopraffarlo.
Infine, la fase di integrazione (20-30 minuti) consente di tornare gradualmente a una respirazione naturale e di digerire l’esperienza vissuta. Questo è un momento cruciale in cui il cliente ha bisogno di dolcezza, silenzio e conforto. Il praticante invita il cliente a prendere coscienza delle sensazioni e delle emozioni presenti, senza cercare di analizzarle. Può proporre esercizi di radicamento come sentire i suoi sostegni a terra o ascoltare i suoni circostanti.
Durante tutta la sessione, il praticante deve essere attento ai segni di stanchezza o disagio del cliente. Se la respirazione diventa troppo caotica, se compaiono tensioni o se il cliente sembra “staccarsi”, può proporre una pausa. Questa può assumere diverse forme a seconda delle necessità: ritorno a una respirazione naturale, rilassamento durante l’espirazione, scansione corporea, stiramenti leggeri, ecc.
Un esempio concreto:
Durante una sessione, un cliente ha iniziato a sentire crampi alle mani e alle braccia, tanto forte era il suo respiro. Il praticante lo ha invitato a scuotere delicatamente le mani, a rilasciare le spalle e a emettere un grande sospiro. Poi gli propose di respirare un po’ meno velocemente per qualche minuto, il tempo necessario affinché i crampi si calmassero. Questa micro-pausa ha permesso al cliente di regolare la sua esperienza e di ritornare al processo con maggiore comfort e sicurezza.
Le pause sono preziose alleate che permettono di regolare l’intensità dell’esperienza e di prevenire “overdosi” emotive o fisiche. Non interrompono il processo, anzi, lo approfondiscono creando uno spazio di rilassamento e di integrazione. Il praticante deve proporle senza timore, fidandosi della sua intuizione e della sua interpretazione dei segnali corporei.
È altresì importante prevedere dei momenti di silenzio e di respirazione libera, in cui il cliente può esplorare la sua esperienza senza ulteriori indicazioni. Questi momenti di “non-azione” sono spesso quelli in cui si verificano i movimenti organici più potenti, proprio perché non sono diretti. Il praticante deve saper lasciar andare il controllo e fare affidamento sull’intelligenza innata del processo.
Una bella illustrazione:
Durante una sessione, una cliente ha iniziato a fare dei movimenti spontanei, come se il suo corpo fosse attraversato da un’onda. Il praticante la ha incoraggiata a seguire questi movimenti, senza cercare di controllarli. Per diversi minuti, si è ondulata, tremata, contorta, come una pianta che cerca la luce. Ha iniziato a scorrere lacrime sulle sue guance, senza che sapesse perché. Il praticante è rimasto semplicemente presente, in silenzio, testimone di questo dispiegamento organico. Quando i movimenti si sono calmati, la cliente aveva un grande sorriso e si sentiva attraversata da un profondo senso di liberazione.
Padroneggiando l’arte della gestione del tempo e delle pause, il praticante permette al processo di Breathwork di svolgersi nelle migliori condizioni possibili. Crea un ambiente al contempo strutturante e flessibile, che si adatta al ritmo e alle esigenze uniche di ogni cliente. È un delicato equilibrio tra il lasciar andare e il mantenimento di un’intenzione chiara, tra la direttività e la non-intervenzione. Trovando questo equilibrio, il praticante offre uno spazio ottimale per la trasformazione.
Punti chiave:
– La gestione del tempo e delle pause è cruciale per creare un ambiente sicuro e favorevole all’esplorazione interiore nel Breathwork.
– Una sessione dura generalmente tra 1h e 1h30 e si struttura in 3 fasi: attivazione (20-30 min), plateau (30-40 min) e integrazione (20-30 min).
– Durante l’attivazione, la respirazione si intensifica fino a raggiungere un’iperventilazione controllata. Il plateau mantiene un ritmo sostenuto, in cui emergono i processi emotivi più profondi. L’integrazione permette un ritorno progressivo alla respirazione naturale.
– Il praticante deve regolare il ritmo respiratorio per mantenere il cliente in una “zona ottimale”, né troppo intensa né troppo leggera.
– Le pause consentono di regolare l’esperienza e di prevenire eventuali disagi. Possono assumere diverse forme: rilassamento, scansione del corpo, stretching…
– I momenti di silenzio e di respirazione libera sono preziosi per consentire l’emergere di movimenti organici spontanei.
– Dominando la gestione del tempo e delle pause, il praticante crea un ambiente sia strutturante che flessibile, che si adatta al processo unico di ogni cliente.
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