Le riposi con i polmoni vuoti o pieni sono tecniche avanzate di Breathwork che consistono nel sospendere volontariamente il respiro dopo un’inspirazione completa (riposo a polmoni pieni) o dopo un’espirazione completa (riposo a polmoni vuoti). Queste pratiche, derivate dalle tradizioni yogiche e tantriche, consentono di intensificare gli effetti della respirazione e di esplorare profondi stati di coscienza.
Il riposo a polmoni pieni, chiamato “kumbhaka” in sanscrito, consiste nel prendere un respiro profondo, poi trattenere l’aria nei polmoni per alcuni secondi prima di espirare. Questa pratica consente di aumentare la pressione intratoracica, stimolando così la circolazione sanguigna e linfatica. Dal punto di vista energetico, favorisce l’accumulo e la circolazione del prana, l’energia vitale, in tutto il corpo. I riposi a polmoni pieni sono spesso utilizzati nelle tecniche di pranayama per amplificare gli effetti purificanti ed energizzanti della respirazione.
Nella pratica del Breathwork, i riposi a polmoni pieni possono essere utilizzati occasionalmente per creare un effetto di “boost” energetico o per favorire l’emergere di intuizioni e prese di coscienza. Possono inoltre essere integrati ritmicamente in una sequenza respiratoria, come nella respirazione “quadrata” (sama vritti pranayama), in cui si bilancia la durata dell’inspirazione, del riposo, dell’espirazione e della sospensione.
Il riposo a polmoni vuoti, chiamato “bahya kumbhaka” in sanscrito, consiste nell’espirare completamente, poi sospendere il respiro per alcuni secondi prima di inspirare di nuovo. Questa pratica consente di creare un vuoto relativo nei polmoni, stimolando così i recettori della distensione polmonare e attivando il riflesso inspiratorio. Dal punto di vista fisiologico, favorisce l’eliminazione dell’anidride carbonica e l’alcalinizzazione del sangue, inducendo uno stato di ipocapnia controllata.
Nella pratica del Breathwork, i riposi a polmoni vuoti sono spesso utilizzati per indurre uno stato di profondo rilassamento e di abbandono. Creando una sensazione di carenza temporanea di aria, permettono di affrontare e superare le paure e le resistenze legate alla respirazione e alla vita. Possono inoltre favorire l’emergere di stati di coscienza modificati, come sensazioni di leggerezza, di dissoluzione dei limiti corporei o di trascendenza.
È importante notare che i riposi respiratori, che siano a polmoni vuoti o pieni, dovrebbero essere praticati con cautela e discernimento, sotto la guida di un praticante esperto. Infatti, possono generare effetti potenti sul piano fisico e psichico, e non sono adatti a tutte le persone, in particolare quelle affette da problemi cardiaci, respiratori o di pressione arteriosa.
Un praticante di Breathwork deve essere in grado di valutare le indicazioni e le controindicazioni dei riposi respiratori, e di integrarle in modo graduale e adatto nella sessione. Potrebbe ad esempio iniziare con riposi brevi e distanziati, assicurandosi che il cliente rimanga in una zona di comfort e sicurezza, prima di esplorare durate più lunghe se appropriato.
Nella tradizione yogica, esistono numerosi pranayamas che integrano i riposi respiratori, come il “nadi shodhana” (respirazione alternata), il “shitali” (respirazione rinfrescante) o il “bhastrika” (respirazione del mantice). Ciascuna di queste tecniche ha effetti specifici sul piano fisico, energetico e mentale, e può essere utilizzata in maniera complementare in una sessione di Breathwork per approfondire il processo di trasformazione.
Un esempio concreto dell’uso dei riposi respiratori nel Breathwork è la tecnica della “respirazione del fuoco” (Breath of Fire) insegnata nella tradizione dello Yoga Kundalini. Questa pratica consiste nell’alternare potenti e rapide espirazioni dal naso, seguite da riposi a polmoni vuoti, creando così un effetto di “pompa” energetica nell’addome. Questa tecnica è famosa per i suoi effetti dinamizzanti e purificanti, stimola il sistema digestivo, rafforza il centro energetico del plesso solare e favorisce il risveglio della kundalini.
In sintesi, i riposi a polmoni vuoti o pieni sono potenti strumenti nella pratica del Breathwork, che permettono di intensificare gli effetti della respirazione e di esplorare stati di coscienza profondi. Utilizzandoli in modo giudizioso e progressivo, in base alle esigenze e alle capacità di ogni cliente, il praticante può offrire un’esperienza respiratoria intensa e trasformativa, aprendo la via a una vera alchimia interiore.
Punti da ricordare:
– I riposi a polmoni vuoti o pieni sono tecniche avanzate di Breathwork che consistono nel sospendere volontariamente il respiro dopo un’inspirazione completa (polmoni pieni) o un’espirazione completa (polmoni vuoti).
– Il riposo a polmoni pieni (kumbhaka) permette di aumentare la pressione intratoracica, stimolare la circolazione sanguigna e linfatica, e favorire l’accumulo e la circolazione del prana. Può essere utilizzato occasionalmente o integrato ritmicamente in una sequenza respiratoria.
– Il riposo a polmoni vuoti (bahya kumbhaka) permette di creare un vuoto relativo nei polmoni, stimolare i recettori della distensione polmonare, favorire l’eliminazione del CO2 e l’alcalinizzazione del sangue. È spesso utilizzato per indurre uno stato di profondo rilassamento, di abbandono e di stati modificati di coscienza.
– I riposi respiratori dovrebbero essere praticati con cautela e discernimento, sotto la guida di un praticante esperto, tenendo conto delle indicazioni e controindicazioni. Non sono adatti a tutte le persone, in particolare quelle affette da problemi cardiaci, respiratori o di pressione arteriosa.
– Un praticante di Breathwork deve integrare i riposi respiratori in modo graduale e appropriato, garantendo il comfort e la sicurezza del cliente.
– Numerosi pranayamas derivati dalla tradizione yogica integrano i riposi respiratori e possono essere utilizzati in maniera complementare in una sessione di Breathwork per approfondire il processo di trasformazione.
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