La musica e i suoni svolgono un ruolo essenziale nell’accompagnamento di una sessione di Breathwork. Creano un’atmosfera favorevole all’introspezione, supportano il processo respiratorio e favoriscono l’emergere di stati di coscienza modificati. Il praticante deve saper scegliere con saggezza i pezzi e utilizzarli con discernimento per ottimizzare gli effetti della respirazione.
Innanzitutto, la musica deve essere strumentale, senza parole, per non mobilizzare la mente del cliente. Deve essere abbastanza evocativa per suscitare emozioni e immagini, ma abbastanza neutra per lasciare spazio all’esperienza unica di ciascuno. I brani ambient, i soundscapes, le composizioni neo-classiche o le musiche del mondo sono particolarmente adatti.
Il praticante può strutturare la sua playlist in base alle diverse fasi della sessione. All’inizio, durante il rilassamento, sceglierà brani dolci e rilassanti, con un ritmo lento e sonorità organiche (piano, arpa, flauti). Quindi, durante la fase di attivazione, passerà gradualmente a musiche più ritmate e dinamiche, con percussioni, per sostenere l’intensificazione della respirazione.
Ecco un esempio di progressione musicale per una sessione di 1h30 :
– 0-20 min : Musica di rilassamento (ad es. Deuter, Liquid Mind, Enya)
– 20-50 min : Musica di attivazione (ad es. Estas Tonne, Hang Massive, Gabrielle Roth)
– 50-80 min : Musica catartica (ad es. Lisa Gerrard, Dead Can Dance, Wardruna)
– 80-90 min : Musica di integrazione (ad es. Ólafur Arnalds, Max Richter, Ludovico Einaudi)
Oltre alla musica registrata, il praticante può usare la propria voce e strumenti acustici per creare un’esperienza vibrazionale unica. I mantra, i canti armonici e i suoni primordiali (come gli “ahhh” gutturali) hanno un effetto potente sul corpo e sulla psiche. Permettono di liberare i blocchi energetici e di accedere a memorie profondamente sepolte.
Alcuni praticanti utilizzano strumenti sacri come il tamburo sciamanico, il didgeridoo, le campane tibetane o il gong. Questi suoni ancestrali attivano potenti archetipi e favoriscono stati di trance. Devono essere utilizzati con intenzione e parsimonia, al momento opportuno, per non sovraccaricare l’esperienza del cliente.
Un aneddoto significativo:
Durante una sessione di gruppo, nel momento più intenso, il praticante fece risuonare un grande gong sopra i partecipanti. Le potenti vibrazioni sembravano letteralmente far esplodere le corazze emozionali. Un uomo iniziò a urlare tenendosi lo stomaco, liberando un grido che aveva trattenuto per anni. Una donna ebbe spasmi e tremori, come se il suo corpo stesse espellendo un vecchio terrore. L’effetto catartico fu spettacolare e i partecipanti ne uscirono profondamente trasformati.
Il praticante deve anche prestare attenzione al volume del suono e adattarsi alla sensibilità di ciascuno. Alcune persone hanno bisogno di una musica avvolgente e forte per lasciarsi andare, altre preferiscono un suono più morbido per sentirsi al sicuro. L’ideale è avere una discussione preliminare per conoscere le preferenze del cliente e regolare di conseguenza.
Infine, il praticante può suggerire al cliente di portare la sua musica, se questa ha un significato particolare per lui. Una canzone legata a un evento significativo o a una persona cara può avere un effetto molto potente nel processo. Ciò rafforza anche il senso di autonomia e l’impegno del cliente nel suo percorso.
Una testimonianza toccante:
Un cliente aveva perso il padre qualche mese prima e non riusciva a elaborare il lutto. Durante una sessione, portò una canzone che suo padre le cantava quando era piccola. Quando la canzone iniziò, scoppiò in lacrime e rivisse momenti preziosi con lui. La musica le permise di riconnettersi all’amore che condividevano e di dirgli addio in pace. Fu un momento di grande intensità emotiva e liberatoria.
Dominando l’uso della musica e dei suoni, il praticante ha a disposizione uno strumento terapeutico estremamente potente. Può creare atmosfere favorevoli all’esplorazione interiore, suscitare emozioni e immagini guaritrici, e persino indurre stati di coscienza modificati. È un’arte sottile che richiede intuizione, creatività e una grande qualità di presenza a sé stessi e agli altri.
Punti da ricordare:
– La musica e i suoni svolgono un ruolo essenziale nell’accompagnamento di una sessione di Breathwork creando un’atmosfera favorevole all’introspezione, supportando il processo respiratorio e favoriscono l’emergere di stati di coscienza modificati.
– La musica deve essere strumentale, evocativa ma neutra, come i brani ambient, i soundscapes, le composizioni neo-classiche o le musiche del mondo.
– Il praticante struttura la sua playlist in base alle fasi della sessione: rilassamento (musica dolce e rilassante), attivazione (musica ritmata e dinamica), catarsi (musica intensa e liberatoria), integrazione (musica calma e armoniosa).
– Il praticante può utilizzare la sua voce e strumenti acustici (mantra, canti armonici, suoni primordiali) così come strumenti sacri (tamburo sciamanico, didgeridoo, campane tibetane, gong) per creare un’esperienza vibrazionale unica e potente.
– Il volume sonoro deve essere adattato alla sensibilità di ciascuno. L’ideale è avere una discussione preliminare con il cliente per conoscere le sue preferenze.
– Il cliente può portare la sua musica se questa ha un significato particolare per lui, rafforzando così la sua autonomia e il suo coinvolgimento nel processo.
– Dominando l’uso della musica e dei suoni, il praticante dispone di uno strumento terapeutico potente per creare atmosfere favorevoli all’esplorazione interiore, suscitare emozioni e immagini guaritrici, e indurre stati di coscienza modificati.
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